Il GRB o Gamma Ray Burst è un fenomeno altamente energetico tipico di esplosioni che segnano la morte di una stella di grande massa o la collisione di corpi celesti come le stelle di neutroni. I lampi gamma (come anche vengono chiamati), sono un fenomeno legato all’improvvisa liberazione di altissima energia in un periodo relativamente breve. Gli stessi GRB si suddividono in due categorie in base proprio al periodo della loro durata: lunghi (alcune decine di minuti) o brevi (pochi millisecondi).
Quando lo studio di questi fenomeni cominciò a prendere forma, gli astronomi credevano che i GRB fossero un fenomeno localizzato in un tempo lontano del Universo; un Cosmo dalle caratteristiche “povere” ovvero a basso contenuto di metallicità (cioè non oltre l’elio nella tavola periodica degli elementi). Oggi gli astronomi possono affermare con sicurezza che anche galassie con una metallicità come quella della Via Lattea, possono ospitare questo fenomeno.
Le osservazioni ci dicono che mediamente l’energia rilasciata dai lampi gamma è pari a quella che il Sole rilascia in tutta la sua vita (per fare un paragone tutto terrestre, si ricorda che in wattora -Wh- il Sole rilascia 106 400 000 000 terawattora -TWh- o se preferite 3,83 × 1026 joule).
Questo elevato tasso energetico ha messo una pulce nell’orecchio dei ricercatori, che si sono posti una domanda: ma se questi lampi altamente energetici vengono rilasciati in prossimità di zone ricche di elementi favorevoli all’evoluzione della vita o in prossimità della Terra stessa, cosa potrebbe succedere?
Prima di approfondire questa recente ricerca, va ricordato che i raggi gamma portano con se una letale potenza distruttiva per la vita se il loro dosaggio è eccessivo. Basti ricordare che per sterilizzare determinate apparecchiature mediche vengono proprio usati i raggi gamma. Il sovradosaggio di questo tipo di radiazione elettromagnetica è in grado di produrre cancro, ustioni e malformazioni genetiche. La nostra atmosfera, è un’ottima schermatura contro buona parte della radiazione elettromagnetica prodotta dalla nostra stella e non solo; lo strato di ozono ci protegge anche dai raggi gamma. Se un evento così energetico dovesse avvenire nelle “vicinanze” del nostro Sistema Solare, la quantità di radiazione che arriverebbe sulla Terra sarebbe in grado di ionizzare l’atmosfera negli strati alti portandosi via proprio lo strato di ozono e lasciandoci in balia di una quantità enorme di radiazioni e quasi la totalità della vita sulla Terra si estinguerebbe.
Concentrandosi quindi sui GRB di lunga durata, quelli prodotti dall’esplosione di una supernova, i ricercatori Tsvi Piran e Raul Jimenez hanno calcolato che in epoche molto remote, forme di vita preistoriche (che hanno abitato il nostro pianeta nell’ultimo miliardo di anni) possono essere state distrutte da un GRB diretto verso il Sistema Solare con una probabilità di ben il 60%.
I calcoli effettuati da Piran e Jimenez hanno suggerito come negli ultimi 5 miliardi di anni la vita abbia potuto svilupparsi più agevolmente nelle zone periferiche delle galassie, lontano quindi dai nuclei galattici molto più turbolenti e soggetti a emissioni di alta energia. Inoltre, le galassie piccole avrebbero potuto rendere comunque difficile lo sviluppo, in quanto la periferia risultava (e risulta nelle galassie nane odierne) molto più a ridosso del centro galattico che non in una galassia modestamente più grande come la nostra.
Sempre secondo i calcoli effettuati dai due ricercatori, nella Via Lattea si stima un tasso di GRB potenzialmente distruttivo ogni miliardo di anni, con un valore di 1/10 sul valore medio stimato nell’Universo. La distanza critica perchè un GRB possa risultare lesivo, è sotto i 5000 anni luce. Sono stimati con una frequenza maggiore i lampi gamma meno energetici; analogamente il loro raggio d’azione distruttivo risulta essere più basso dei 5000 a.l. .
Un’estinzione di massa avvenuta 200 milioni di anni prima della comparsa dei dinosauri (precisamente nel periodo Ordoviciano 440 milioni di anni fa) suggerisce come il lampo gamma possa aver causato queste morti. Specialmente, potrebbe spiegare come mai il tasso di mortalità per la vita marina risulta essere (in quel periodo) molto più alto per la vita marina di superficie, piuttosto che per quella di profondità.
Questi calcoli, che possono sembrare del tutto lontani dal nostro quotidiano, possono aiutare i ricercatori a capire dove e quanto la vita ha potuto svilupparsi: quali sono gli ambienti idonei perchè i giusti ingredienti portino al migliore dei risultati? Avere l’adeguata “materia prima” non basta se si trova nel posto sbagliato. Cercare la vita (anche microbiotica o solo vegetale) su altri pianeti, risulta meno complesso se si ha già un’idea dei luoghi giusti dove essa potrà sbocciare. A quanto pare, Piran e Jimenez ci suggeriscono che la distanza adeguata, per esempio, dal centro (in una galassia delle dimensioni della nostra), è di 10000 a.l. almeno. Il Sistema Solare si trova a poco meno di 30000 a.l. del centro della Via Lattea. Invece i pianeti che si formano in zone molto a ridosso del bulge galattico, si trovano a vagare in una ambiente parecchio sterilizzato e quindi sicuramente inadeguato alla vita.
(Fonte: media.inaf.it )
Varie ed eventuali.
1. Misurare la grandezza dei transnettuniani attraverso l’occultamento delle stelle lontane.
La tecnica di osservazione di un corpo secondario attraverso l’occultamento di una stella lontana, è da tempo una tecnica valida e facilmente applicabile. I dati necessari per questo tipo di osservazione sono una stella di cui si conosce con certezza la distanza e la luminosità e un corpo secondario da misurare che si trovi sulla traiettoria di questa stella. La nota dolente è calcolare con precisione proprio la traiettoria del corpo secondario, dato che se si analizzano oggetti come i transnettuniani (TNO), la loro dimensione ridotta e di conseguenza la scarsa albedo e la notevole distanza, comportano sempre un discreto margine d’errore.
Come accennato prima, sono oggetti molto distanti, si trovano (come il loro nome suggerisce) oltre l’orbita di Nettuno. Sono primariamente “abitanti” della Fascia di Kuiper e della ancora più lontana Nube di Oort.
Il 26 aprile 2012, attraverso l’ULTRACAM del William Herschel Telescope (a La Palma – Spagna), è stato possibile effettuare una di queste misurazioni durante un transito. L’oggetto TNO seguito era (119951) 2002 KX14 un corpo dalla bassa eccentricità e inclinazione orbitale. La stima delle sue dimensioni prima della misurazione durante l’occultamento, era di 455 km di diametro.
Il primo dato fondamentale osservato durante il transito, è stata l’assenza di atmosfera attorno al TNO. La presenza di atmosfera avrebbe diffuso la luce della stella, invece, la linea di demarcazione della curva di luce ottenuta, è netta e quindi non presenta alcuna rifrazione della luce.
La durata totale dell’occultamento della stella da parte di (119951) 2002 KX14 è stata di 20,87 ± 0,05 secondi. Nonostante le condizioni difficile per determinare una stima ben calibrata dell’oggetto, gli astronomi hanno determinato che la densità più prossima di questo oggetto è 0,8 gr / cm3 (la Terra ha una densità di 5,5 gr / cm3) e un diametro approssimativo di 365 +30 -21 km.
(Fonte: astrowatch.net )
Dal Cosmo è tutto…CIELI SERENI.
Francesca