GLI ESOPIANETI ALLUNGATI E DEFORMATI

Se questo blog fosse in inglese, avrei potuto fare un gioco di parole (come mi ha suggerito un amico via Twitter) e intitolare questa notizia THE EGG-SO-PLANETS STRETCHED-OUT, ma in italiano è meno divertente e ho optato per un: gli esopianeti allungati e deformati.

Rappresentazione artistica di un pianeta dalla forma allungata - Credits Shivam Sikroria.
Rappresentazione artistica di un pianeta dalla forma allungata – Credits Shivam Sikroria.

La deformazione di cui si parla, prende origine dalla forza gravitazionale della stella madre che spesso è determinata dalla eccessiva vicinanza del pianeta alla sua stella. Non occorre che la stella sia particolarmente potente. Il modello è stato messo a punto dagli scienziati su un sistema stellare la cui stella madre è una nana rossa (la categoria stellare più numerosa nella Via Lattea). Oltre quindi a causare un’elevata temperatura superficiale al pianeta, si è capito che si potrebbe verificare una distorsione della forma del pianeta stesso, che verrebbe allungato.

Lo studio proposto da Prabal Saxena e dal suo gruppo della George Mason University, si riferisce a quei pianeti che hanno una rotazione sincrona con la loro stella (ovvero mostrano sempre la stessa faccia al loro astro, come la Luna fa con noi).

Disegno di Gliese 581  by David-Hardy
Disegno di Gliese 581 by David-Hardy

Alcuni studi sono già stati fatti su alcuni pianeti di tipo gioviano, dimostrando come il non tener conto della loro forma allungata abbia portato a stime errate del loro raggio e della loro densità. Ma lavorare con un pianeta di tipo gioviano è più semplice rispetto a un pianeta roccioso, in quanto il gioviano presenta un’atmosfera che rende più osservabile tale effetto.

Nel momento in cui però si tiene conto della giusta forma del pianeta, sarà possibile aver anche delle stime più corrette non solo del raggio e della densità, ma anche della composizione interna e dei mutamenti del pianeta.

Si pensa che anche i telescopi attualmente in orbita possono essere in grado di calcolare l’eventuale deformazione di questi corpi celesti; maggiori speranze sono quindi riposte nei telescopi delle prossime generazioni come JAMES WEBB TELESCOPE.

(Fonte: cosmosup.com e media.inaf.it)

Varie ed eventuali.

1. E disponibile presso il sito di Chandra (il telescopio che scandaglia i cieli con il suo occhio ai raggi X), un bellissimo calendario 2015 stampabile.

Pagina di gennaio 2015 del calendario di Chandra. - Credits: NASA/ SAO
Pagina di gennaio 2015 del calendario di Chandra. – Credits: NASA/ SAO

Lo trovate a questa pagina: chandra.harvard.edu

 2. Voyager 1 cavalca l’onda d’urto solare.

Da quando è stato confermato che la sonda è entrata nello spazio interstellare nel 2012, gli strumenti di bordo hanno registrato tre onde d’urto provocate dalla perturbazione del plasma interstellare (particelle elettricamente cariche) quando viene in contatto con l’onda di pressione del plasma magnetico espulso da una CME solare (Coronal Mass Ejection ovvero espulsione di massa coronale). Il gas interstellare, sollecitato dall’onda d’urto inizia a vibrare, provocando delle turbolenza nella sonda.

CME del Sole prodotta il 4 gennaio 2002. - Credits: NASA
CME del Sole prodotta il 4 gennaio 2002. – Credits: NASA

La prima onda d’urto registrata a bordo della Voyager è stata tra l’ottobre e novembre 2012. Poi è arrivata una seconda onda d’urto, che ha portato con se una quantità maggiore di plasma a cavallo tra aprile e maggio 2013. E infine quella registrata a febbraio di quest’anno che è risultata la più duratura in termini temporali.

Schema interno della Voyager 1 - Credits: NASA
Schema interno della Voyager 1 – Credits: NASA

Nel corso del suo peregrinare, la sonda aveva già registrato queste onde d’urto, ma da quando è uscita dall’eliopausa (una bolla creata dal vento solare), la loro densità era superiore di 40 volte. E’ stato questo dato che ha permesso agli astronomi di confermare l’uscita della Voyager dal raggio d’azione del Sole.

Dal Cosmo è tutto…….CIELI SERENI

Francesca