ASTRONAUTI ITALIANI: MAURIZIO CHELI – STS 133 DISCOVERY – VISTI DALLO SPAZIO

Con questa pagina vorrei dare inizio a una serie di “mini-biografie” (uso una parola un pò grossa ) per conoscere un pò meglio i nostri astronauti (di ieri e di oggi) che hanno messo un “piede” nello spazio!

Il primo di cui vorrei dare conto e’ MAURIZIO CHELI!

Maurizio Cheli
Maurizio Cheli posa in preparazione alla STS 75 Shuttle Columbia

Nato a Zocca il 4 maggio del 1959. La passione per il volo cresce con lui. Fin da piccolo sapeva che avrebbe dedicato la sua vita al “cielo”. Dopo aver conseguito il diploma al Liceo Classico, si iscrive all’Accademia Areonautica di Pozzuoli e nel 1982 si laurea in Scienze Areonautiche all’Universita’ Federico II di Napoli. Nel 1988, nel Regno Unito, si classifica primo al corso di Empire Test Pilot’s School e diventa pilota collaudatore. Nel 1992 entra nell’ESA e l’anno seguente consegue l’abilitazione al Johnson Space Center di Houston, per diventare astronauta.

Logo della missione STS 75
Logo della missione STS 75

Nel 1994 si laurea in Ingegneria Aereospaziale all’Universita’ di Houston. Ma e’ nel 1996 che arriva la prima missione con la STS 75 Space Shuttle Columbia dove Cheli ricopriva il ruolo di specialista di missione 2 ovvero flight engineer (primo italiano ad avere questa qualifica). La missione prevedeva la messa in orbita del satellite Tethered; a fare parte dell’equipaggio della STS 75  c’era anche un altro astronauta italiano: Umberto Guidoni.

Maurizio Cheli durante la STS 75 - Copyright degli aventi diritto
Maurizio Cheli durante la STS 75 - Copyright degli aventi diritto

La missione STS 75 e’ durta 15 giorni, 17 ore e 40 minuti. Ecco un video dedicato alla STS 75, dalla partenza all’arrivo……….

Nel 2004 consegue la laurea in scienze politiche all’Universita’ di Torino e nel 2007 un Master in Business Administration École Supérieure de Commerce de Paris – Europe di Parigi.

Il Comandante Cheli ha totalizzato 380 ore di attivita’ nello spazio, 4500 ore di volo su 50 diversi velivoli e vanta brevetti per volare sui Tornado e sugli Eurofighter Typhoon. Amante della velocita’, con la navetta Columbia ha potuto solcare “i cieli” a 24.000 km/h. (Fonte: wikipedia)

Riporto qui sotto una descrizione del viaggio STS 75 di Maurizio Cheli. (Fonte: AstroWorld)

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Una Sottile Striscia Azzurra – Di Maurizio Cheli.

Sono trascorse ormai più di due ore dal momento in cui mi sono installato, con qualche fatica, nel mio seggiolino del cockpit della navetta tra Andy, il comandante, e Scott, il pilota.
Sono il primo non americano a ricoprire il ruolo di “flight engineer” (Mission Specialist 2) e sento un po’ il peso della responsabilità del compito.
Il “countdown” ha avuto un corso regolare.
Siamo usciti dalla seconda pausa di 10 minuti in perfetto orario e tra qualche istante, al T-5 min. (5 minuti prima del decollo), verranno accese le 3 APU (Auxiliary Power Units) che generano la potenza idraulica per il sistema di controllo vettoriale della spinta dei motori e per le superfici aerodinamiche.
In quel momento esatto l’apparente sonnolenza della navetta sembra svanire di colpo e tutta la struttura è percorsa dalle vibrazioni continue dei circuiti che si mettono in pressione, delle valvole che si aprono e si chiudono con perfetto sincronismo. Sembra quasi che la macchina con la quale costituiamo un tutt’uno voglia dirci “Ehi, ragazzi, ci siamo!”.
Io di certo non ho bisogno di sentirmelo dire due volte.
A T-2 minuti si chiudono le visiere del casco e ormai solo l’interfono ci unisce.
Siamo nell’ultimo minuto, a T-36 secondi diventiamo autonomi dal controllo di terra: sono pronto anche se cosciente che fino al vero e proprio lift-off tutto si può fermare in un istante, ma non ci voglio pensare.
Si “sentono” i motori effettuare il ciclo completo degli attuatori e a T-6 secondi, “main engine sequence start”: i tre indicatori dei giri prendono vita.
La sequenza delle operazioni non è nuova anche perché per i primo otto minuti di volo ho passato quasi 300 ore al simulatore di volo integrato, senza contare le giornate dedicate individualmente ad ogni singolo sistema, e mai che tutto funzionasse correttamente come ora!
A T-0, vedendo il launch pad che si muove, mi accorgo che le vibrazioni innescate dalla combustione dei due booster a propellente solido sono incredibilmente “fisiche” e accompagnate da un rombo sordo, cupo, che mi giunge attraverso il casco.
“Houston, Columbia, roll program”.
Tre paia di occhi sono incollati agli strumenti, alle indicazioni dei sistemi principali, all’indicatore dell’assetto e della traiettoria.
Mi dico “È fatta, sono un astronauta, nonostante tutti gli ostacoli che ho dovuto superare per arrivare fino a qui”.
Sembrava impossibile eppure ora per me questa è la realtà.
Con un occhio tengo sotto controllo i sistemi di mia competenza, con l’altro, utilizzando lo specchietto in dotazione, attraverso i finestrini superiori osservo la piattaforma di lancio, prima grande, ma via via più piccola, mentre la Florida prende sempre più forma nella sua interezza.
Sto osservando il mio lancio dal di dentro: quasi un effetto speciale e invece è un effetto reale.
L’accelerazione è continua ma non enorme come mi aspettavo, solo un po’ strana per chi è abituato a pilotare aerei a causa della sua diversa inclinazione.
A T+2 minuti i due grossi booster che ci hanno accompagnato fino a oltre tre volte la velocità del suono, si staccano e, all’improvviso, la sensazione è simile a quella del passeggero di una barca che esce da una violenta tempesta e che istantaneamente si ritrova in acque tranquille: ora capisco perché lo chiamano “electric ride”.
Le chiamate radio scandiscono i tempi della nostra corsa: “negative return”, “2 engines Banjul”, “single engine Ben”, “press to MECO”. Sono le nostre procedure nella eventualità di un malfunzionamento, ma non è il caso di oggi, tutto procede come previsto.
All’inizio la traiettoria è molto ripida, quasi verticale, per uscire velocemente dagli strati più densi dell’atmosfera.
Attorno ai 120.000 ft (quasi 40 km di altezza) il cielo diventa improvvisamente nero (ma non era blu?).
Dopo 5 minuti siamo a 360.000 ft di quota (120 km) viaggiando a oltre 10 volte la velocità del suono.
Assumiamo un assetto orizzontale e continuiamo ad accelerare mentre comincio ad intravedere, attraverso i finestrini anteriori, la curvatura della terra con la costa dell’Africa.
Il machmetro mi sembra impazzito, tanto i numeri scorrono veloci: abbiamo quasi 3 g di accelerazione longitudinale e la spinta dei motori principali viene ridotta per mantenere il carico strutturale entro i limiti previsti.
L’assetto viene costantemente corretto per avere la giusta componente verticale della velocità che ci porterà al nostro apogeo.
A T+8:28 dal lift off, di colpo tutto si calma.
Passo istantaneamente dall’essere schiacciato con violenza contro il sedile, alla sensazione di galleggiare. Sono in orbita, in tutti i sensi! (e con me, per la prima volta, un piccolo pezzo di Aeronautica Militare che viaggia ben custodito al piano di sotto).
La sensazione non è nuova: quante volte noi piloti abbiamo sperimentato l’assenza del peso manovrando i nostri aerei, solo che questa volta la sensazione non finisce dopo pochi secondi e continuo a galleggiare.
Vedo la Terra che mi scorre sotto, tutta blu (ma allora il libro “A pale blue dot” non mentiva!) e mi sembra bellissima circondata da quella piccola striscia di pochi centimetri di altezza che chiamiamo atmosfera e di cui ogni giorno abusiamo, senza renderci conto che è lì che siamo costretti a vivere.
Guardo dalla parte opposta, vedo il cielo nero, l’immensità dello spazio e mi chiedo: ma è credibile che siamo veramente soli nell’universo? Sarà mai possibile spiegare scientificamente il mistero della vita sulla Terra?
La fragilità di questa nostra Terra è evidente, se solo potessi mostrare questa immagine a chi, ancora oggi, resiste a cambiare il proprio modo di vita in un modello più rispettoso della natura!
Anche se sono passati alcuni anni, il ricordo di questi straordinari sedici giorni in orbita attorno al pianeta, caratterizzati da un’attivitá scientifica intensa e appassionante, è ancora vivido.
Per chi come me ha fatto del volo la propria professione, è un’esperienza talmente unica che la definirei “volare al quadrato”: volare attorno alla Terra e contemporaneamente volare con il proprio corpo all’interno della navetta.
Chi si sente pronto ad affrontare gli inevitabili sacrifici che la professione di astronauta impone, è ricompensato dalla grande soddisfazione di essere partecipe di un’esperienza che segna la vita.
Un giorno, all’inizio del lungo e complesso iter di selezione, di fronte al mio scoramento causato da difficoltà che allora mi sembravano insormontabili un mio amico astronauta mi disse ”Maurizio, osa sognare!”
L’ho preso in parola!
P.S. Ora Columbia non c’è più. Con lei se ne sono andati sette astronauti ai quali mi accomunava lo stesso sogno e l’identico desiderio di scoperta e di consapevolezza di rischiare la propria vita nell’impresa.

Tratto dal sito del dott. Umberto Guidoni e dal libro “I Piloti Raccontano” (2003) edito dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica.

Un Grazie al Ten. Samantha “Micionero” per la trascrizione.

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La preparazione della Discovery per la STS 133.

STS 133 assemblamento della Discovery nellOPF - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
STS 133 assemblamento della Discovery nell'OPF - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now

Dopo aver controllato e assemblato la navetta, e’ stato effettuato il rollover della Discovery dal OPF (Orbiter Processing Facility) al VAB (Vehicle Assembly Building). Durante l’agganciamento all’ET (External Tank), si e’ verificato un inconveniente con un bullone, ma fortunatamente, si e’ potutto risolvere senza dover rimette in posizione orizzontale la navetta.

STS 133 la Discovery lascia l'OPF - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
STS 133 la Discovery lascia l'OPF durante il rollover - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
STS 133 Discovery durante il rollover settembre 2010 - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
STS 133 Discovery durante il rollover settembre 2010 - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
STS 133
STS 133 Discovery durante il rollover settembre 2010 - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now

Una volta giunta al VAB la navetta e’ stata verticalizzata per poterla poi agganciare all’ET e ai SBR.

STS 133 Discovery uno dei momenti della verticalizzazione della navetta nel VAB - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
STS 133 Discovery uno dei momenti della verticalizzazione della navetta nel VAB - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
STS
STS 133 Discovery uno dei momenti della verticalizzazione della navetta nel VAB - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
STS
STS 133 Discovery uno dei momenti della verticalizzazione della navetta nel VAB - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now
sts
STS 133 Discovery uno dei momenti della verticalizzazione della navetta nel VAB - Credits: Stephen Clark-Spaceflight Now

A questo link potete vedere l’uscita dall’OPF e a quest’altro link la verticalizzazione! Per il giorno 20 settembre dovrebbe essere previsto lo spostamento della navetta dal VAB alla rampa di lancio 39A. La partenza e’ fissata al 1° novembre 2010.

Visti dallo spazio!!!!

Vi lascio con un’ultima simpatica foto, che ci fa capire molto la posizione dell’essere umano nell’Universo: ecco come la sonda Messanger ha visto il “binomio” Terra/Luna da 183.000.000 di chilometri!! Ci avesse fotografato andando ancora “un poco piu’ indietro” e saremmo stati questi indistinguibili dagli altri puntini sullo sfondo (parlando per paradossi si intende, ma rende l’idea!!!)……..

Terra Luna viste dalla Messanger - Credits: NASA/Johns Hopkins University
Terra/Luna viste dalla Messanger - Credits: NASA/Johns Hopkins University

Anche a questo link potete trovare delle splendide immagini riprese dalla ISS!!! Ecco la nostra Terra come appare a chi vi gira intorno per 16 volte al giorno! Approfitto per ricordare che in data 21 settembre 2010 ci sara’ l’opposizione fra Urano e Giove! Ecco i dati dell’opposizione per chi volesse seguirla:

Pianeta Ascensione Retta Declinazione Magnitudine Diametro Distanza (Mkm)
Giove 23h 56,7m -2°,03 -2,9 48,2” 591,5
Urano 23h 56,2m -1°17′ 5,7 3,69” 2.855,8

Dal Cosmo e’ tutto…………

Francesca

ERRATA CORRIGE: L’opposizione fra Urano e Giove sarà sabato 18 settembre 2010, mentre il 21 Giove si troverà nelal miglior posizione per eventuali foto astronomiche. Rispetto al pianeta, i satelliti si troveranno: a ovestCallisto, più lontano e di magnitudine 5.4, e Ganimede, più vicino con magnitudine 4.4. Verso est, invece, ci saranno Io, di magnitudine 5, ed Europa, di magnitudine 5.